il Libro

parte prima - capitolo ventisettesimo

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Dopo l'impatto diretto con la tragedia i salernitani, com'era avvenuto altrove, si fecero più prudenti organizzando lo svolgimento delle proprie giornate in maniera d'essere sempre pronti a correre ai rifugi al suono della sirena d'allarme. Cercarono di semplificare le attività per renderle più celeri, di sbrigare più rapidamente gli impegni e di ridurre gli svaghi che comportavano assembramenti specie al chiuso di locali. L'indolenza meridionale subì una sferzata e la città assunse l'aspetto operoso degli agglomerati nei quali ogni individuo rincorre precisi e urgenti obiettivi. Le famiglie moltiplicarono gli sfollamenti e iniziarono gli esodi notturni, benché il primo attacco aereo sulla città fosse avvenuto alla luce del giorno. Di quella incursione iniziale Bruno aveva raccontato i particolari a Federico:
«Quello che tu hai visto da Battipaglia è stato il secondo bombardamento, il primo è avvenuto la mattina precedente, quasi all'ora di pranzo. Io mi trovavo nei pressi della rimessa dei filobus, a poca distanza dalla stazione ferroviaria, quando è suonato l'allarme. Sembrava uno dei soliti e invece improvvisamente sono apparsi dal mare i primi apparecchi, velocissimi. Uno s'è abbassato proprio sopra di noi e ci ha mitragliati. Non ti dico! Chi ha cercato scampo dentro la rimessa, chi s'è gettato sotto le vetture in sosta, insomma un fuggì fuggi generale. Una ragazza è stata colpita ed è svenuta nelle braccia del fidanzato che s'è messo a gridare come un ossesso. Ma subito si sono sentite le prime esplosioni, provenienti dalla parte alta della città. Infatti una bomba è caduta sulla piazza davanti al liceo. Ah, sai chi ci ha perso la vita? Il vice preside, che era uscito dall'istituto un istante prima. Lo hanno trovato a terra con la borsa ancora tra le mani, apparentemente illeso. Pare che sia stato ucciso dallo spostamento d'aria che l'ha scagliato contro un muro.»
«Tu che farai?» gli aveva chiesto Federico.
«Che vuoi che faccia? Mio padre non può certo lasciare l'ufficio postale e mia madre non lascia lui. Io resto con loro.»
«Non potreste venirvene a Cava, e tuo padre raggiungere Salerno giornalmente?»
«Dimentichi che la casa l'abbiamo affittata. E poi, credi che a Cava starete più tranquilli? Io te lo auguro, ma non lo spero. La nostra casa, peraltro, è proprio davanti alla stazione ferroviaria e questi disgraziati, a quanto sembra, mirano soprattutto alle ferrovie.»
«Beh, anche io non abito molto distante dalla stazione. In linea d'aria saranno sì e no trecento metri.»
«E sai che ti dico? Quando sentite l'allarme scappate, voi avete la campagna proprio davanti, dove rifugiarvi.»
(...)